Anche il piccolo pagamento elettronico rientra nei grandi obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Perciò -annuncia e ammette la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni-, la prevista soglia dei 60 euro per il cosiddetto Pos “per me è indicativa e può essere più bassa, c’è ovviamente un’interlocuzione con la Commissione europea”.
L’obiettivo che il governo si prefiggeva con la scelta della marcia indietro sul digitale era di ridurre i costi ricadenti sui commercianti. Ma già la Corte dei Conti aveva avvertito che tale ragionevole intento non poteva essere perseguito né ridimensionando l’obbligo del pagamento elettronico -pena la sanzione-, né alzando il tetto all’uso dei contanti, perché entrambe queste misure contribuiscono a contrastare l’evasione fiscale, ossia ad attuare con coerenza proprio il fine indicato dal Piano di ripresa. Un fine che è un dovere per l’Italia nell’interesse dell’economia e di tutti i contribuenti tartassati anche per colpa di chi evade. Ma è pure un diritto di attenzione per l’Unione europea, interessata a capire se la linea del governo-Meloni sia in continuità con quella del governo-Draghi.
Sì e no, è la risposta che si può finora ricavare da questi segnali contraddittori e dalla stessa Manovra che, secondo i giudizi di imprenditori, sindacati, economisti e istituzioni, risulta incoraggiante e insufficiente al tempo stesso. Sempre la Corte dei Conti ha rilevato le coperture efficaci, ma poco efficienti, sottolineando che saranno decisive le scelte dei prossimi mesi su fisco, previdenza, assistenza e pubblica amministrazione. Ecco perché è così importante partire col piede giusto sull’uso del contante: è la premessa alla direzione di marcia.
L’altro tema è la definizione delle riforme perché il Piano di ripresa dispieghi i suoi effetti per continuare sulla scia di Draghi, cioè mantenendo in equilibrio i conti pubblici e mettendo in moto le risorse per risollevare il Paese. Non basta l’aver saggiamente archiviato le promesse insostenibili della campagna elettorale e l’aver concentrato buona parte degli interventi previsti nel 2023 sull’emergenza energetica. Né bastano le opportune modifiche al reddito di cittadinanza.
Di fronte alla prospettiva di un governo di legislatura, ossia per 5 anni, e all’Europa che guarda, l’esecutivo-Meloni è chiamato a scelte più coraggiose e incisive. Una visione strategica per la politica economica.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi