Almeno su un punto i partiti hanno ritrovato l’unità nazionale in campagna elettorale: bisogna intervenire subito contro il caro bollette. E si appellano tutti a Mario Draghi, chiedendo al presidente del Consiglio rimasto in carica per l’ordinaria amministrazione di fare un atto, invece, straordinario, cioè di mobilitare il suo governo contro la terza “guerra” sopraggiunta in Europa dopo l’invasione dell’Ucraina e la pandemia. Una guerra economica che colpisce le famiglie e l’industria italiana alle fondamenta. Reagire subito è l’unico modo per non indebolire il potere d’acquisto dei cittadini e non costringere le imprese a fermarsi.
Per arginare il costo del gas alle stelle, e senza che si possa prevedere dove e quando si fermerà il prezzo per megawattora, due sono le strade. La prima passa da Bruxelles e prevede il famoso tetto al prezzo del gas che proprio Draghi propose per primo, trovando all’inizio l’ostilità e poi la non belligeranza della Germania. Che ora, con chiesti chiari di luna anche a casa sua, sembra finalmente sensibile alla richiesta italiana.
Ma contro la scelta europea ancora si schierano alcuni Paesi del Nord, specie gli olandesi, che fanno i tedeschi d’Europa: pongono il veto, dicendo di non voler intromettersi nel mercato, perché in realtà traggono beneficio dalla crisi energetica. Un’anomalia ormai intollerabile, e si vedrà come ne verranno a capo i ministri dell’energia al vertice del 9 settembre.
Nell’attesa che l’Europa batta un colpo, il governo italiano intanto si appresterebbe a verificare in due tempi se l’appello dei partiti sia stato fatto per convinzione nazionale o convenienza elettorale. Prima mossa, un emendamento al decreto Aiuti che dovrà essere convertito da questo Parlamento prima del voto. Seconda, un successivo decreto-legge elaborato sempre dall’esecutivo-Draghi, ma destinato a essere convertito dopo il 25 settembre, cioè dai parlamentari appena eletti. Un forte sostegno economico senza però scostamenti di bilancio, ossia senza aumentare il deficit. Che avrebbe l’effetto immediato di indebolire la posizione dell’Italia a Bruxelles per cambiare il Patto di stabilità, esponendo inoltre la nostra economia al rischio di speculazioni.
Dunque, non magie né promesse: servono misure concordate, vigorose, strutturali. Un vero e proprio piano energetico italiano-europeo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi