Presentazione dei candidati, alleanze da stringere, nomi da spendere per Palazzo Chigi. Ma l’euforia elettorale dei partiti per il 25 settembre del nuovo Parlamento con 600 legislatori (ben 345 in meno degli attuali), s’infrange davanti alla realtà dell’”autunno complesso”, come lo evoca Mario Draghi incontrando le parti sociali, e sottolineando il “tanto lavoro ancora da fare” per il governo.
Non è soltanto un bagno di realismo nella caldissima estate italiana, destinata ai comizi sotto l’ombrellone, ai gazebo fra boschi e ruscelli, ai “vota Antonio” che arriveranno via cellulare mentre si scarpina in montagna: l’unica “vacanza politica” nella storia della Repubblica.
Il richiamo del presidente del Consiglio suona anche come un’esortazione a ricordare che i grandi e gravi problemi del Paese (per citarne uno solo e già dimenticato: ieri sono morti per Covid ancora 253 persone), non spariranno dentro l’urna. Al contrario, i vincitori dovranno spiegare come affrontarli già con la legge di bilancio.
Lo spettacolo di questi giorni non è incoraggiante. Nel centrodestra, favorito dai sondaggi, fra alleati si stenta a riconoscere il responso dei numeri: va a Palazzo Chigi il leader del partito più votato dagli elettori.
Siccome in testa è la destra di Giorgia Meloni, i suoi alleati fanno le alchimie (“prima si vince, poi si vede chi alza la coppa”, ha detto il leader forzista Tajani) pur di trasformare l’aritmetica in politichese. Dando così prova di scarsa fiducia o perfino diffidenza fra loro.
Sull’altro versante l’altrettanta mancanza di fiducia si rivela nelle intese necessarie per non soccombere, anche a causa di una legge elettorale pasticciata (in prevalenza proporzionale, ma in buona parte pure maggioritaria), che nessuno è stato capace di cambiare in Parlamento. E così Calenda annuncia che andrà per conto suo, Renzi idem, Letta, pronto a fare il capolista, dovrà per forza rinunciare a intese con Conte, cioè col principale responsabile, con Salvini e Berlusconi, della caduta di Draghi.
A destra si contendono la guida, a sinistra litigano per il chi sta con chi.
E l’autunno complesso? Per i partiti sarà complicato anche fare a meno di Draghi, dopo che tre delle quattro principali forze della coalizione l’hanno sgambettato nell’illusione che il voto anticipato avrebbe risolto, come d’incanto, ogni problema. E sempre che l’esito del 25 settembre non riproponga l’incertezza già vissuta per 5 anni.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi