Quirinale e Sanremo, eventi così diversi, eppure così intimamente complementari all’Italia che vuole ripartire. Il rigore di Mattarella e lo svago di Amadeus, la responsabilità del primo e la leggerezza del secondo, accomunati entrambi dall’importanza dello spirito nazionalpopolare che Gramsci aveva colto a suo tempo -le radici culturali di un popolo esprimono sempre i valori della Nazione-, e che Pippo Baudo ha rilanciato nell’attualità.
Per una settimana ci siamo rispecchiati nell’identità autentica dell’Italia, che è insieme pensiero e passione. Da una parte l’impegno e la saggezza che porta dritti al Colle, dall’altra l’allegria e l’energia del canto -forse il Belcanto, che tutto precede, non è arte italiana?- che conduce alla scalinata del festival dai tanti colori, suoni e generazioni. Ma il rito dell’applauso, che spesso rivela la sovranità dei liberi cittadini, è stato uguale per tutti. Il voto per Mattarella scandito dalle 55 interruzioni di consenso da parte dei grandi elettori durante il suo discorso in Parlamento, e dalle persone che alla Scala o per strada gli chiedevano il bis. Così come il televoto che ha sancito la vittoria del duo Mahmoud-Blanco nell’appuntamento condotto da Amadeus con garbo e competenza, e non per caso premiato con ascolti altissimi.
Se poi si pensa che i ragazzi vincitori sono uno “figlio del Garda”, il diciannovenne Blanco (pseudonimo di Riccardo Fabbriconi), e l’altro, il trentenne Mahmoud, milanese con padre egiziano, ecco l’altra novità: l’Italia rivela la sua modernità. Una Patria ricca di campanili e allo stesso tempo capace di aprirsi all’universo. Sanremo anche questo dice: che fra i concorrenti Zanicchi e Morandi, la vecchia e amabile guardia, e i molti ragazzi che si sono esibiti, c’è una storia che continua. Come il rock dei Maneskin, trionfatori l’anno scorso, ha già testimoniato nel mondo. Tradizione e rivoluzione musicale si tengono.
Sanremo e Quirinale sono le colonne sonore delle nostre vite. Con presidenti e cantanti siamo diventati adulti. Ma ora c’è l’imprevedibile, la pandemia e l’economia sotto attacco del caro bollette.
Conforta, dunque, constatare che c’è un Paese vivo e fiducioso, di gente che si fida dell’Istituzione e che si affida anche al piacere del canto. Saper riconoscere e puntare sulla serietà e sul divertimento con lo stesso trasporto, è un buon viatico per consolidare la ripresa.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi