La grande ripresa dell’economia a rischio per il costo dell’energia e la pandemia che ci fa ancora soffrire: non poteva essere più preoccupante il contesto in cui si apre, da oggi, la corsa per eleggere il tredicesimo presidente della Repubblica. Ma, a fronte dell’anno che si preannuncia decisivo per il futuro del nostro Paese, chiamato a realizzare il Pnrr e a uscire dall’incubo del Coronavirus, la politica si presenta divisa e incerta sul da farsi, anziché decisa a scegliere con consapevole unità il successore di Sergio Mattarella.
Il capo dello Stato uscente ha ripetuto che non vuole essere considerato rientrante. Allo stesso tempo l’Italia non può permettersi che l’elezione diventi una lotteria di tentativi (il primato fu di Giovanni Leone, eletto nel 1971 a stretta maggioranza dopo 23 scrutini) per arrivare per sfinimento dei 1009 grandi elettori alla scelta sul Colle.
Eppure, dopo lo scontato ritiro di Silvio Berlusconi, che era l’unico candidato in campo ma senza la certezza dei voti necessari, specie dell’”altra parte”, il centrodestra e il centrosinistra palesano le loro difficoltà. Salvo sorprese, le prime tre votazioni si profilano a vuoto, cioè con schede bianche o candidati di bandiera. Dalla quarta, quando la maggioranza richiesta sarà assoluta e non più dei due terzi dei componenti -505 anziché 673 voti-, sarà in ballo Mario Draghi. Allo stato il nome più capace di raccogliere consensi ampi e trasversali.
Ma al potenziale candidato dell’unità nazionale si dovrà legare la continuità di un esecutivo della stessa pasta. E potrebbe risultare più complessa l’operazione Palazzo Chigi di quella, già ardua, per il Quirinale. Tuttavia, governo e capo dello Stato si definiscono insieme. Al punto che l’eventuale non elezione (o bocciatura) di Draghi avrebbe l’effetto di sfaldare, subito dopo, l’esecutivo di unità nazionale da lui guidato. Stesso esito con qualunque elezione da muro contro muro: come potrebbero governare di nuovo da alleati coloro che si sono appena scontrati all’ultimo voto per far passare un “loro” presidente?
La sfida è in salita. Ma l’equilibrio sostanziale fra i due poli e il nome forte di Draghi che accontenta più grandi elettori di quanti ne scontenti, potrebbero indurre le parti oggi recalcitranti a ritrovare lo spirito dell’orgogliosa responsabilità che gli italiani hanno dimostrato fra pandemia e ripartenza. Quand’è in ballo il capo dello Stato, le ripicche e i veti non sono contemplati: qui si gioca per l’Italia.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi