Non siamo solo alla vigilia dell’obbligo della certificazione verde per lavorare, da domani. Siamo soprattutto in vista di due traguardi di importanza capitale che si possono riassumere con la stessa parola: ripresa. Ripresa dell’economia dopo il periodo più nero. Ripresa della vita e della libertà nel lungo e drammatico tempo della pandemia. Vaccinazione di massa e ripartenza di tutte le attività. Oltre l’80 per cento della popolazione sopra i 12 anni ha completato le due dosi e il mondo dell’impresa e del lavoro torna a girare a pieno ritmo con prospettive di crescita valutate superiori alla media europea.
La percentuale degli italiani che, pur non obbligati dalla legge, ha condiviso la strategia del governo-Draghi (legare vaccino e lavoro), è fra le più alte di tutti i Paesi. Più di 40 milioni di cittadini si sono messi in coda per immunizzarsi e ora guardano alla ripresa resa possibile anche dal loro civismo: hanno pensato all’interesse degli altri e dell’Italia, non solo a meglio difendere la propria salute. Ma, arrivati fin qui, guai a cedere per accontentare chi urla il no a tutto.
Protestare, senza violenza, è un diritto inalienabile. Ma sarebbe incomprensibile se lo Stato, cioè noi contribuenti, pagasse i tamponi a chi rifiuta e si rifiuta di vaccinarsi gratuitamente. Fare di tutto per non compromettere la ripresa e risolvere le difficoltà tecniche e burocratiche delle aziende. Senza, però, derogare al principio fatto valere dalla grande maggioranza degli italiani.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi