Alla vigilia dell’ultimo e decisivo assalto contro il Coronavirus le Regioni lanciano l’allarme: mancano i vaccini e molte prenotazioni rischiano di slittare. Il generale Figliuolo, che guida l’offensiva, rassicura: anche a luglio saranno somministrate 500 mila dosi al giorno. Poi bacchetta le Regioni, perché non starebbero al passo.
Ma le pur diverse previsioni sull’arma principale per battere il nemico invisibile e proteggere la popolazione, mettono a fuoco il vero problema: guai al rischio di una riduzione delle vaccinazioni di massa in piena campagna estiva e con l’autunno scolastico alle porte.
Un rischio da non correre, visto che sarebbe necessario l’esatto contrario, cioè aumentare le scorte, le dosi e i centri vaccinali in tutto il Paese per poter dire al più presto “missione compiuta”.
Se da una parte le istituzioni paventano il pericolo di restare sguarniti proprio quando la campagna vaccinale richiede il massimo sforzo, dall’altra una nuova e insidiosa sindrome comincia a diffondersi fra la gente: quella della rilassatezza. Siccome quasi il 60 per cento del Paese risulta parzialmente immunizzato (gli italiani con due dosi sono già un terzo della popolazione) e gli indici di contagio e di ricoveri in terapia intensiva sono i migliori di sempre, in molti si sentono autorizzati a non rispettare più le misure di precauzione che sono invece necessarie per impedire un ritorno a scenari oltretutto imprevedibili. Come lo sarebbero con la variante Delta (con la sua più temuta Delta plus).
La guerra, dunque, non è finita. E troppi segnali oggi indicano che il presidente del Consiglio, Draghi, ha ragione nell’ammonire che l’economia riparte, ma che la pandemia non è finita.
Eppure, i primi a dover prestare la massima attenzione, anziché appendere le mascherine al chiodo, dovremmo essere noi cittadini. Invece si apprende che in Lombardia 300 medici e operatori sanitari si sono rivolti al Tar di Brescia per chiedere l’annullamento dell’obbligo vaccinale. “Non è una battaglia no vax, ma democratica”, essi dicono. Ogni opinione è legittima e rispettabile. Rimane però il fatto che, soprattutto per chi assiste e cura le persone in era Covid, il vaccino è l’accertata via d’uscita dall’incubo finora trovata dalla scienza universale.
Sembrano lontani i tempi in cui i medici sollecitavano vaccinazioni per tutti ed erano acclamati come eroi della trincea ospedaliera.
Pubblicato su Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi