Neanche l’incubo della pandemia può impedirci di tornare a sognare. Dopo un anno e mezzo di Coronavirus, s’aprono oggi a Roma gli Europei di calcio con l’Italia fra le grandi protagoniste.
Non è il solito torneo di sfide fra le principali Nazionali del continente e oltre, come la nostra partita d’esordio con la Turchia testimonia. Stavolta tutto il mondo è affratellato dalla calamità del virus che ha colpito a tradimento e duramente. A oggi 127 mila morti solo nel nostro Paese: l’equivalente al 22 per cento dei caduti italiani dell’intera e sanguinosa Grande Guerra 15-18.
Ma stavolta gli spalti dell’Olimpico, per quindici mesi desolatamente deserti, saranno in parte occupati da tifosi: sedicimila vaccinati, guariti o tamponati, e tutti con mascherina. Stavolta allo stadio sarà presente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quasi a voler applaudire il fischio di un nuovo inizio sul campo e nella società.
A colpi di pallone, col divertimento che il gioco più popolare del mondo suscita, ritorna la speranza di rinascita a lungo mortificata.
Lo ha spiegato con parole semplici il commissario tecnico della Nazionale, Roberto Mancini, con un’inedita lettera aperta che comincia con un “cara Italia”. Mancini sottolinea quanto lo sport sia una meravigliosa espressione della vita, perché emoziona, unisce, aiuta a superare momenti complicati e pensieri tristi con indimenticabili attimi di gioia. Il calcio è una bussola di felicità collettiva. Ognuno di noi ricorda perfettamente che faceva -e che facevano i loro padri e nonni, avendolo a loro volta anch’essi raccontato-, quando la Nazionale conquistava i quattro Mondiali e l’Europeo del ’68.
La storia sportiva è sempre storia nazionale. “Andremo a giocare consapevoli della forza della maglia azzurra e del popolo italiano”, ha scritto Mancini. “Onoreremo ogni minuto, scenderemo in campo con la spensieratezza di quando si è ragazzini e la responsabilità di chi rappresenta uno dei Paesi più forti e belli al mondo”.
La competizione europea è dunque un richiamo allo spirito italiano, alla volontà, all’intelligenza, alla generosità con cui sappiamo sempre dare il meglio quando le circostanze si rivelano avverse. Neanche le amarezze e le paure di un popolo che ha dovuto perfino chiudersi in casa per difendersi dal virus invisibile e a lungo invincibile, possono intaccare la capacità degli italiani di crederci e di fare gol.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi