Giuseppe Conte farà oggi quel che avrebbe potuto (e molti dicono: dovuto) fare giorni fa dopo lo strappo di Matteo Renzi dal governo: salire al Quirinale per dimettersi.
Sarà la conferma che la desolante “caccia ai responsabili” -o voltagabbana che dir si voglia- per allargare la striminzita maggioranza al Senato, non ha dato risultati. Ma per l’indebolito presidente del Consiglio è anche l’unica speranza per non uscire dai giochi. Cosa che sarebbe, invece, accaduta, se il suo governo si fosse sottoposto all’imminente “prova giustizia” di Palazzo Madama, col ministro grillino Alfonso Bonafede chiamato a tenere una relazione sul tema, così sottoponendosi -lui, e per interposto ministro, Conte- a un’altra votazione dei senatori dall’esito ancor più incerto della già fragile fiducia strappata la scorsa settimana. Una possibile bocciatura della relazione-Bonafede, avrebbe comportato l’addio al reincarico per Conte. Dimettendosi prima, il premier resta in corsa.
Ma che la crisi di Palazzo Chigi finisca al Quirinale, è una buona notizia di per sé. Significa che della rottura nel governo giallorosso e dello scontro totale tra maggioranza e opposizione ora dovrà occuparsi e preoccuparsi Sergio Mattarella. Il quale non si farà tirare la giacchetta tra chi lo sollecita al Conte III, e chi all’esatto contrario. Farà, il presidente, rapide consultazioni all’insegna di quanto aveva detto con chiarezza al momento di battezzare il Conte II: a fronte della pandemia e della gravità della situazione economica, l’Italia ha bisogno di un governo che governi, non che tiri a campare.
Questo vuol dire che Mattarella, per richiamare Conte in servizio o per incaricare chi riterrà, vorrà prima avere le garanzie di un esecutivo solido e con un piano politico all’altezza delle emergenze.
Ma il ritorno di Renzi in maggioranza tra veti e veleni, così come l’imbarco di una parte del centrodestra che è compatto nel chiedere elezioni anticipate (o almeno un governo di unità nazionale, secondo l’unica subordinata di Forza Italia) appaiono molto complicati. E poi: può Conte ritrovare, domani, i numeri che non ha trovato fino a ieri?
Dunque, Conte III, altro nome, governo del presidente oppure esecutivo di larghe intese: tutte le strade sono, da oggi, aperte. Sapendo già che il vicolo cieco, porterà dritti non al governicchio, ma al voto anticipato.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi