Per la terza volta e alla guida di una terza e diversa maggioranza, Giuseppe Conte si presenta in Parlamento per chiedere la fiducia e continuare a governare nell’ora sanitaria ed economica più buia della Repubblica. Con una novità annunciata: il governo proporrà un disegno di legge proporzionale per cambiare la legge elettorale.
Ma incassato, com’era previsto, il sì della Camera, oggi il presidente del Consiglio affronta il momento della verità al Senato, dove i consensi per la coalizione giallorossa azzoppata della componente renziana che ha aperto la crisi, si conteranno fino all’ultimo voto.
“Chi ha a cuore l’Italia, ci aiuti”, è l’ultimo appello lanciato da Conte e rivolto anche ai “singoli parlamentari”. Sono i famosi “responsabili”, nel frattempo diventati “volenterosi” nel discorso del premier in aula e “mercenari” nelle parole di Giorgia Meloni dall’opposizione.
“La situazione è molto complicata”, sottolinea Nicola Zingaretti, segretario del Pd, forse il partito che di più, in questi giorni, s’era speso per ammonire i suoi alleati sulla necessità di trovare una maggioranza politica e non solo aritmetica, un “patto di legislatura” e non soltanto un fugace via libera del Senato col rischio del vivacchiare.
Il pallottoliere, peraltro, non mente. Per ottenere la maggioranza assoluta, il governo dovrebbe strappare 161 voti. Altrimenti, e pur con il già calcolato sostegno per l’occasione di senatori a vita e di parlamentari dei gruppi delle autonomie e misto, la maggioranza sarebbe solo relativa. Sufficiente per proseguire la navigazione, ma molto fragile per affrontare le tempeste della pandemia e dell’economia così fortemente colpita e che sono già all’orizzonte.
Non senza malizia, l’opposizione ha ricordato che nel 2018 il Quirinale non affidò un mandato neppure esplorativo al centrodestra proprio perché non c’era la garanzia di una maggioranza assoluta.
Che sia un’ora “grave”, l’ha detto lo stesso premier, parlando di “crisi senza fondamento” e chiudendo la porta (“adesso si volta pagina”) al mai nominato e ormai ex alleato Matteo Renzi. Ma il duro dibattito che ne è seguito a Montecitorio, è la conferma dell’insanabile contrapposizione fra maggioranza e opposizione.
Dunque, il verdetto di oggi è decisivo, ma non definitivo. Se Conte, salvo imprevisti, avrà la pronosticata fiducia, dovrà comunque cercare di rinforzarsi per governare. Che è più importante del restare in piedi.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi