Nella lunga partita a scacchi col Coronavirus ora arriva la “variante inglese”. Qualcosa di molto serio, se il ministro della Sanità britannico, Matt Hancock, annuncia che essa “è fuori controllo”. E se l’Italia con altri Paesi sospende per precauzione i voli con la Gran Bretagna. Qualcosa di insidioso, se si considera che questa novità è già stata isolata anche a Roma in un paziente che proveniva proprio dal Regno Unito. Quasi a confermare quanto possa essere subdola la pandemia con tutte le sue metamorfosi. Ma pure il dovere della ricerca e della politica di affrontare il più insieme possibile questa sfida universale. Il coordinamento fra governi è un obbligo scientifico e istituzionale.
Secondo gli esperti, la mutazione che non ci voleva in realtà cambia poco sul Covid 19. “La variante inglese non è più cattiva delle altre circolanti, ma forse ha una maggiore capacità di diffondersi”, è la sintesi dell’infettivologo Massimo Galli.
Dunque, calma e sangue freddo. Ma soprattutto tanta pazienza, prima di credere, sbagliando, che il peggio sia alle nostre spalle. L’inevitabile convivenza con la malattia dal contagio implacabile durerà fino all’arrivo del vaccino e oltre. Anzi, la variante inglese e altre mutazioni che purtroppo bisognerà mettere potenzialmente in conto, ripropongono alla comunità scientifica e alla politica chiamata a decidere il tema prioritario della vaccinazione, cioè la via d’uscita dall’incubo. Ma in termini nuovi. Oltre alle pre-condizioni di sicurezza e di efficienza da garantire per l’immunizzazione di massa, bisognerà imparare a prevedere l’imprevedibile: come affrontare le mosse a tradimento del virus mutante. Sarebbe assurdo vaccinarsi per poi magari scoprire che lo sforzo immane del Paese e dei suoi cittadini valga solo in parte a fronte di una malattia che cambia più rapidamente di quanto l’intero mondo possa fare per contrastarla.
La variante inglese sia, allora, accolta anche come un campanello d’allarme: alla gara dei vaccini l’importante non è partecipare, ma vincere. E per vincere contro il virus, occorre organizzarsi con competenza e serietà. La sfida non è arrivare per primi per pavoneggiarsi, ma fare la cosa giusta nei tempi giusti.
Tempi rapidi, certo, perché dobbiamo tornare presto alla vita quasi normale e ancora lontana. Ma il vaccino, deve, innanzitutto, funzionare bene e a lungo per tutti.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi