Arrivano il nuovo coprifuoco, il divieto di spostamento fra Regioni e aree ad alto rischio e altre restrizioni. Tutto come previsto, quando si è costretti a rincorrere un virus che viaggia a contagio spedito: più di 28 mila i nuovi casi di ieri e 353 vittime, triste primato dal maggio scorso.
Ma quello che maggioranza e opposizione, governo e governatori non ancora ben compreso è quanto invece in Francia e Germania, nazioni per molti versi alle prese con la pandemia peggio di noi, stanno già programmando: la quantità di vaccini che dovrà essere distribuita, e come, quando la qualità di uno di essi sarà stata accertata per battere la malattia. Frau Merkel e Monsieur Macron si muovono oggi per qualcosa che probabilmente non avverrà prima della primavera del 2021, forse in autunno. Ma è un traguardo decisivo, il vaccino. L’unico che potrà farci uscire dalle incertezze sanitarie ed economiche del presente. Perciò esigerebbe massimo impegno anche in Italia: vaccinare più di 60 milioni di persone sarà un’impresa, se non ci si organizza subito a Roma e sul territorio.
Per chi fa politica, prevedere significa fare la cosa giusta al momento giusto. Vuol dire anticipare gli eventi, anziché farsi scavalcare dalla realtà di terapie intensive già in difficoltà e di tamponi insufficienti.
Invece qui si gioca allo scaricabarile, se cioè tocchi al governo oppure ai presidenti delle Regioni adottare le misure più dure, e quali. Fanno il capello in quattro per lasciare agli altri -a Palazzo Chigi oppure alle Regioni- la responsabilità finale del cerino acceso.
Ma la grottesca competizione tra Dpcm di Conte e ordinanze dei governatori finisce solo per confondere la gente sulle norme da rispettare e con chi prendersela nel caso di scelte sbagliate o tardive. Mostrino tutti il senso dello Stato, se ne conoscono il significato.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi