E’ inutile girarci attorno: è stata solo un’illusione di mezza estate quella di credere che bastasse un po’ di bel sole estivo e di vacanze all’aria aperta per liberarci dal coronavirus. Gli ultimi dati autunnali del bollettino quotidiano sulla pandemia sono implacabili. Mai così tanti contagiati in Italia (2.548 casi nuovi, 24 le vittime) da cinque mesi. “Le cose si mettono male, il virus è nocivo come in primavera, state attenti”, ammonisce il virologo Roberto Burioni. Non sono da meno gli esperti del Comitato tecnico scientifico, che ha suggerito al governo -rivela il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte- di prorogare lo stato di emergenza fino al 31 gennaio. Scelta che l’esecutivo sottoporrà alle Camere, com’è doveroso: sull’epidemia tutto l’arco politico dev’essere coinvolto alla massima responsabilità. Guai a scivolare nelle polemiche da salotto fra chi invoca serietà e chi vi contrappone la libertà. La libertà di contagiare gli altri non esiste, come disse il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
E allora il governo innanzitutto, ma l’Italia intera attraverso tutti i suoi rappresentanti in Parlamento è chiamata a non vanificare la straordinaria prova dimostrata dalla popolazione all’epoca del confinamento. Se oggi il nostro Paese non si trova nella situazione ben più drammatica di Spagna, Francia e Gran Bretagna, è proprio perché ha saputo comportarsi con lucidità e dignità “nell’ora più buia”.
Se le condizioni in Italia consentono ad Angela Merkel, la cancelliera tedesca, di citarci come esempio, è per l’attenzione generale dei cittadini mai venuta meno nel mantenere le distanze, nel mettersi le mascherine, nel lavarsi spesso le mani. Piccoli sacrifici hanno dato un grande risultato. Ma il virus c’è ancora. La necessaria riapertura scolastica potrebbe agevolarne la diffusione. E arriva pure l’influenza.
Ecco perché le istituzioni devono adottare ogni prioritaria iniziativa per arginare una malattia così insidiosa per tutti. Senza più conflitti grotteschi fra Stato e Regioni: la collaborazione è uguale per tutti.
“Andrà tutto bene”, si diceva, per incoraggiarci, agli inizi della pandemia. Primo Paese d’Europa colpito in modo tanto virulento.
L’esperienza di questi mesi ha contribuito a migliorare la prevenzione, le cure in ospedale, la grande ricerca in via di sperimentazione.
Ora dobbiamo solo riscoprire quello spirito originario, che è il nostro vaccino più forte.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi