A pochi giorni dalla riapertura della scuola (riapertura in ordine sparso: in Alto Adige fanno già lezioni e ogni Regione sceglierà il suo giorno inaugurale quando le pare), le prime avvisaglie non sono incoraggianti.
A Crema, provincia di Cremona, l’intera classe di un asilo è stata lasciata a casa perché un bambino aveva la febbre. Il successivo tampone ne ha certificato la negatività al Covid 19. Ed è subito nata la polemica sul pasticcio dei protocolli: per far saltare le lezioni a tutti deve bastare il sospetto o serve la conferma del virus in un alunno? Altro caso registrato a Pergine Valsugana (Trentino), dove la positività di un bimbo in un asilo nido ha fatto scattare la generale quarantena.
“Il rischio zero non esiste”, dice la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, annunciando test sierologici a campione fra gli studenti (ma tra i professori è già falsa partenza: li avrebbero fatti solo 1 su 4).
Che in epoca di coronavirus sia impossibile lasciare il contagio fuori dall’aula, è evidente. Ma la vera questione in ballo, e fonte di attacchi dell’opposizione e del sindacato della scuola alla ministra, è se in questi lunghi mesi di epidemia ancora insidiosa sia stato pianificato tutto per ricominciare in tempo e al meglio delle umane possibilità.
Invece nessuno, a oggi, è in grado di garantire quanti e quali insegnanti (molti di loro preoccupati di tornare in cattedra per l’età non più giovanissima o perché sofferenti di altre patologie), si presenteranno all’appuntamento del 14 settembre. Nessuno può assicurare con certezza che mascherine, banchi monoposto con o senza rotelle e distanziamenti negli spazi saranno a disposizione di tutti gli oltre 8 milioni di alunni. Nessuno conosce un piano B, nell’ipotesi, non campata per aria, che gli inevitabili assembramenti possano costituire terreno per la pandemia. Dovesse accadere, ci si è posti il problema di come garantire il diritto allo studio agli alunni più piccoli via internet da casa, se mamma e papà saranno al lavoro?
Sono interrogativi che di politico avrebbero ben poco, trattandosi di organizzazione didattica da parte dello Stato. Ma, di fatto, la scuola è la priorità delle priorità per il governo, vista la funzione formativa ed educativa che l’Istituzione deve assicurare e dato il messaggio di nuova normalità che quel nuovo inizio rappresenterà per tutti.
Per chi suona la campanella fra tanta confusione e voglia di riscatto.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi