La terza guerra mondiale è scoppiata l’11 gennaio scorso (prima vittima da coronavirus a Wuhan, in Cina), ma è stata dichiarata solo due mesi dopo. “E’ pandemia”, decretò l’11 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità. Eppure, l’Italia non aveva atteso il tardivo bollettino dell’ovvio: era già in trincea, chiusa in casa nelle più esposte aree della Lombardia e del Veneto, e poi, dalla sera del 9 marzo, in tutto il territorio nazionale.
Qui già si combatteva, dunque. Qui già si contavano i caduti sul fronte ospedaliero e si cantava la capacità del Paese di battersi con ogni mezzo, fosse anche un Tricolore sui balconi, per difenderli. Perché il virus ha invaso la patria nostra e tutte le patrie. E quando la vita è in pericolo, i popoli danno il meglio di sé. Talvolta anche il peggio.
Il peggio lo sta dimostrando l’ottuso Stato Maggiore di chi rappresenta una parte del popolo europeo nell’Unione. L’area tedesca al comando non vuole ancora capire né la gravità del conflitto né la catastrofe che si prospetta nel pur lontano dopoguerra.
La storia non sembra aver insegnato nulla, se una certa Europa minoritaria, ma nelle solide mani della Germania, si rifiuta di accettare la richiesta di buonsenso fatta dall’Italia e sostenuta da chi rappresenta la maggioranza degli europei, dalla Francia al Portogallo: condividere tutti l’immane sforzo economico che è necessario per resistere al nemico e risorgere dalle rovine. Proprio quel che accadde all’indomani del 1945, quando gli europei compresero che volersi bene era la svolta. La pace diventò il nuovo valore della civiltà occidentale: un faro di solidarietà e di progresso per il mondo.
Invece il “Nein!” all’idea delle obbligazioni europee o di altre soluzioni per rendere davvero comune l’inevitabile, enorme debito che l’epidemia lascerà in eredità, significa passare col Panzer su quel che resta di un’Europa già picconata dalla Brexit e dal “fai da te” dei pieni poteri che Viktor Orbán s’è appena fatto votare in Ungheria.
Signora Merkel, rinsavisca in tempo. Il tempo dei diktat è finito per sempre. Oggi è il tempo della solidarietà. L’Italia non è la Grecia e non si farà divorare per una colpa -il virus- che non ha. Al contrario, ha il merito di averlo combattuto prima e meglio di tutti. Un forte esempio.
Ma l’Europa a che serve, se non si dà una mano neppure quand’è drammaticamente sott’attacco, nella terza guerra mondiale?
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi