Contrordine, il fiore all’occhiello della legislatura, ma soprattutto dei Cinquestelle che l’avevano coltivato con dedizione, è già appassito. Non c’è più il taglio dei parlamentari approvato poco più di un mese fa con una maggioranza addirittura plebiscitaria nell’ultimo voto della Camera (553 sì, 12 no e 2 astenuti). O forse il taglio ci sarà ancora, chi lo sa: adesso la storica novità dipende dall’esito del referendum al quale saranno chiamati gli italiani. Perché 64 senatori di sei gruppi politici diversi -anche se in buona prevalenza di Forza Italia, che pure aveva votato, con tutti gli altri, per la riduzione dagli attuali 945 a 600 parlamentari-, hanno firmato per indire la consultazione popolare confermativa prevista dalla Costituzione come una facoltà che può essere esercitata da un quinto dei membri di un ramo del Parlamento.
In pratica, i novelli e trasversali sottoscrittori sospendono l’entrata in vigore della legge costituzionale, in attesa del responso del popolo sovrano da loro mobilitato.
Dunque, previo esame della Cassazione, il referendum si prospetta fra la primavera e l’estate. E qui viene il bello. Perché se il governo non proprio in perfetta salute dovesse, per caso, cadere e le Camere fossero sciolte, i cittadini tornerebbero ancora a eleggere i quasi mille parlamentari di sempre, anziché i soli 600 stabiliti dalla riforma rimasta in sospeso in attesa del referendum.
Non è difficile immaginare i calcoli che già in queste ore faranno molti dei destinati a non essere rieletti a causa della drastica riduzione del 36 per cento della composizione parlamentare: con la magia del voto anticipato, tutto tornerebbe d’incanto come prima e più di prima. Neppure Machiavelli avrebbe saputo far di meglio.
Ma chi beneficerà, politicamente, della sorpresa di Natale? A parte Emma Bonino e pochi altri che si sono sempre battuti contro l’harakiri parlamentare, un mese fa si diceva: col possibile referendum in arrivo, s’allungherà la vita dell’esecutivo giallorosso all’insegna della maggiore stabilità.
Ora s’insinua il contrario: il paracadute del referendum da celebrare, diventerà un’irresistibile tentazione per far saltare il banco col voto anticipato. Già si maligna: qui Salvini ci cova. E il premier Conte subito corre ai ripari: il referendum non influenza l’agenda di governo.
Ma nessuno può realmente prevedere a chi gioverà il taglio del taglio.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi