Nuotando a Roma, nella capitale sul Tevere, le sardine hanno ufficializzato in piazza la loro volontà di restare un movimento non già destinato a trasformarsi in partito -come accaduto coi grillini non più di lotta, ma di governo-, bensì intento a “stimolare la politica” con libertà e senza bandiere di parte.
Si vedrà che cosa potranno o vorranno diventare questi manifestanti mobilitati via social e desiderosi di stare tutti stretti come, appunto, le sardine per dire no alla violenza e per dire sì a istituzioni che facciano semplicemente il loro dovere. Una scelta civica e pacifica che fa bene alla “politica politicante” intossicata di ideologia e di dilettantismo, e che non può non suscitare l’attenzione di una società alla perenne ricerca del nuovo, cioè di classi dirigenti capaci e capaci di decidere.
Ma nell’attesa di vedere che faranno le sardine da grandi, due cose saltano agli occhi osservando il fenomeno che da Bologna, dov’è nato in Piazza Maggiore a metà novembre per volere di quattro ragazzi svegli, sta facendo il giro d’Italia. Un giro fra l’entusiasmo acritico di un centro-sinistra in difficoltà che sogna la rivincita, e lo scetticismo supercritico di un centro-destra in ascesa che teme brutte sorprese dal prossimo voto, guarda caso, in Emilia-Romagna.
La prima stravaganza è che in tutto il mondo le piazze manifestano sempre contro i governi. Solo qui da noi, invece, le sardine si stringono a coorte contro l’opposizione e la Lega in particolare.
Singolare, poi, è che tutte le forze progressiste, da Nicola Zingaretti alla sua sinistra, cavalchino le piazze che loro non sono più in grado di mobilitare. Il rischio evidente è di appropriarsi degli altri per riempire il proprio vuoto. Etichettando così le sardine, senza, peraltro, che esse si ribellino agli interessati elogiatori. Confermando in tal modo l’impressione che il fenomeno marino, per quanto libero e spontaneo, nuoti consapevolmente a sinistra, e non nel mare aperto. Perciò è molto meno allargato e sopra le parti di quanto vorrebbe sembrare.
Né la circostanza che le sardine si siano mobilitate anche a Londra, Berlino e Parigi cambia lo scenario. Perché, magari, non si ritrovano anche in Venezuela contro il dittatore Maduro o a Hong-Kong contro il regime cinese? Se proclamano di voler difendere quell’amore e quel civismo richiamati a Roma, forse non sarebbe male farlo anche dove l’amore e il civismo sono quotidianamente e violentemente calpestati.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi