La crisi di governo più inaspettata della Repubblica (anche nei tempi: gli onorevoli che dibattono del loro destino in pieno ferragosto), passa da un colpo di scena all’altro, ma sempre con Matteo Salvini protagonista. Già la richiesta di elezioni anticipate fatta a sorpresa dal leader della Lega all’indomani di due importanti successi che proprio lui aveva appena conseguito -il decreto sicurezza bis e addirittura il via libera alla Tav, cioè il tabù dei Cinquestelle infranto per sempre dal premier Giuseppe Conte e soprattutto dal voto dal Parlamento-, era apparsa come un incomprensibile colpo di testa. Incomprensibile, ma colto al volo da Matteo Renzi e da una parte importante dei gruppi parlamentari del Pd che in lui si riconoscono. E che, in sintonia con il “volere unitario” del segretario Nicola Zingaretti, hanno fatto muro coi pentastellati al Senato per bocciare la proposta ultimativa di Salvini di anticipare la sfiducia a Conte. Invece se ne discuterà il 20 agosto.
Per uscire dall’angolo e dal rischio -peraltro tutto da verificare- di ritrovarsi non con l’agognato scioglimento della legislatura (che è prerogativa esclusiva del Quirinale), ma con il Pd in un altro esecutivo di breve o lunga durata, Salvini ha rilanciato, accogliendo la richiesta che più stava a cuore agli alleati pentastellati: sì a procedere subito al quarto e ultimo voto parlamentare per arrivare alla storica riduzione dei parlamentari. Poi però -ha aggiunto Salvini- alle urne.
Con questa mossa il leader leghista toglie l’alibi che Luigi Di Maio pur ragionevolmente sventolava: come si fa a buttare nel cestino tale riforma costituzionale proprio mentre sta per giungere al traguardo? Allo stesso tempo Salvini così respinge l’abbraccio annunciato che, sull’onda del taglio dei parlamentari o di altre priorità anch’esse ragionevoli (l’impostazione della manovra economica e il blocco dell’aumento dell’Iva), erano pronti a offrire ai Cinquestelle i partiti di centrosinistra spalleggiati da singoli parlamentari di qua o di là.
Ma pure Di Maio rilancia: se il leader leghista concorda per ridisegnare il Parlamento più pletorico del mondo, allora ritiri la sfiducia a Conte.
Come nei giochi da tavola, si torna così alla casella di partenza: la crisi del governo gialloverde è già finita prima ancora di cominciare? Siamo alle prove generali di una nuova e non meno anomala maggioranza o di un voto anticipato? Ma anticipato a quando, se intanto la riduzione dei parlamentari (e la legge di bilancio), richiedono i loro tempi?
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi