L’Europa di Ursula riparte almeno nel modo giusto: dialogando. Troppa l’indifferenza finora sperimentata a Bruxelles, troppe le inutili invettive lanciate da Roma. E’ invece il confronto la strada maestra.
Lo conferma, nella sua prima visita in Italia da presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha teso la mano sulla questione prioritaria per l’Italia: cambiare le regole nella ripartizione dei migranti. E che ha preso nota, come doveva, della principale richiesta del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: la nomina di un commissario italiano “con un portafoglio economico di primo piano”.
E’ il minimo per un Paese come il nostro, che nel 1957 ha contribuito, con gli istitutivi Trattati di Roma, alla fondazione dell’Unione. E che oggi rappresenta la terza potenza industriale del continente e molto altro ancora. Dunque, il riconoscimento di un ruolo di peso per poter incentivare la crescita e un “nuovo patto” -come l’ha definito la stessa presidente- sull’immigrazione.
La sintonia delle parole e il tratto gentile e discreto della von der Leyen, che non ha mancato di sottolineare il peso storico e politico dell’Italia in Europa, testimoniano una verità a lungo sotterrata dalla demagogia e dalla propaganda: per cambiare il merito, bisogna cambiare il metodo. Per modificare l’Europa che non va, cominciando dall’anacronistico regolamento di Dublino (un’intesa che di fatto delega alla sola Italia il fenomeno migratorio incombente sull’Europa intera), non servono le sparate inconcludenti, ma l’implacabile opera della persuasione. Nessun governo del continente, per quanto cinico e ottuso possa sembrare, rifiuta la prospettiva di un “nuovo inizio” su temi comuni come l’immigrazione, l’ambiente o il lavoro. Ma lo sforzo dell’Italia non può più essere quello di indispettire i Paesi amici e alleati per i loro errori, bensì di indurli a correggerli, cambiando norme e comportamenti che penalizzano gli italiani. Noi non possiamo essere contro l’Europa, perché siamo l’Europa. Ecco la novità elementare che la presidente della Commissione appare pronta a riconoscere a Roma e da Roma.
Nell’attesa di vedere i fatti, Conte non sprechi l’opportunità che si è intanto aperta. Bisogna incidere a Bruxelles, dove essere presenti, rigorosi, competenti. Perché il vento, che nel nord Europa soffia forte, si porta via sempre l’urlo solitario di chi rimane alla finestra.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi