Si sa, il clima natalizio che già si respira, ci fa sempre diventare più buoni. Forse per questo il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, ha risposto che attende “una lettera da Babbo Natale” dopo quella ricevuta da Bruxelles con la preannunciata, ma ora ufficiale bocciatura della legge di bilancio italiana. Non è stato rispettato il criterio del deficit, ci contestano. Per la prima volta l’Europa si prepara a una procedura di infrazione nei confronti, oltretutto, non di un Paese ultimo arrivato nell’Unione come la Croazia o in uscita come la Gran Bretagna, ma fondatore della stessa e potenza industriale come l’Italia.
Non c’è niente di male, se i nostri governi alzano la voce e difendono con fermezza l’interesse nazionale quando trattano coi loro più scaltri interlocutori europei. Mai spaventarsi: per troppo tempo, al contrario, le sedie dei ministri italiani sono rimaste spesso e desolatamente vuote quando a Bruxelles si prendevano decisioni fondamentali.
Ma stavolta non siamo in presenza di un braccio di ferro preparato con tale oculatezza e competenza da avere convinto, come sarebbe stato logico, un certo numero di nazioni a sostenerci: è Roma contro il resto del mondo (europeo). Stavolta non è in ballo il pur rilevante e nobile principio, economico e filosofico, se l’Unione europea debba spingere la crescita oppure far quadrare i conti. E’ invece in corso un chiaro e rivendicato conflitto ideologico tra un fronte populista, a cui il maglione dell’Europa sta ormai stretto, e una realtà anche istituzionale che si sorregge sull’obbligo, più volte dall’Italia sottoscritto, di rispettare regole, procedure, parametri.
Opporsi a Bruxelles per puro spirito da bastian contrari e aspettando la letterina di Babbo Natale? Sono ben altre le lettere che gli italiani mai vorrebbero ricevere sotto l’albero. Magari dalle banche con notizie di mutui più alti, di crediti più onerosi, di altre dannose conseguenze della sfida Roma-Bruxelles all’ultimo euro. Rischiano di essere solo gli italiani a pagare il conto.
Eppure, della casa europea noi non siamo ospiti: siamo comproprietari. Perciò il governo, come preannunciato dal premier Conte e dal ministro Tria, ha il dovere di dialogare sul serio per un’intesa. Non si fa politica né con i cedimenti del passato né con le ripicche del presente. L’Europa siamo noi e non “loro”. Lo capiscano in fretta, per evitare che la Befana ci porti amari dolci in regalo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi