Per lungo tempo quel che i cittadini decidevano alle elezioni, i partiti contraddicevano nel Palazzo. Persino l’esito di molti referendum -il popolo sovrano convocato per cancellare o confermare le leggi-, veniva sonoramente ignorato. Le consultazioni per abolire il finanziamento pubblico ai partiti sono lì a testimoniarlo.
Adesso siamo passati da un eccesso all’altro. Il sistema incarnato dal “governo del cambiamento” risponde con un ritornello sempre uguale alle critiche che organismi indipendenti e imprescindibili, dalla Banca d’Italia all’Inps, hanno fatto alla manovra: per essere credibili, reagisce e ammonisce la maggioranza gialloverde, tali giudizi dovrebbero essere formulati da personalità sottoposte, esattamente come i politici, al voto degli italiani.
E così a Tito Boeri, il presidente dell’Inps che paventa l’aumento del debito pubblico se entrerà in vigore l’idea della “quota cento” per andare in pensione, Matteo Salvini replica chiedendogli di dimettersi “e poi di candidarsi”. Non diversa la replica di Luigi Di Maio di fronte alle ipotesi di “crescita modesta” ed “effetti limitati” avanzate dal vice-direttore della Banca d’Italia, Luigi Federico Signorini. “Si presenti alle elezioni”, è stata la sua infastidita risposta.
Ma nella polemica non è in ballo solo una legittima difesa delle proprie prerogative, spettando ovviamente al governo, non all’Inps, il diritto e il dovere dell’“indirizzo politico”. Che si tratti, invece, di uno scontro istituzionale lo dimostra l’intervento quasi immediato del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il quale ha difeso il ruolo delle Autorità a cui si rimprovera di non essere elette. Ricordando, inoltre, Mattarella, che tale autonomia degli alti organismi dalla politica è tutelata dalla Costituzione. E che la divisione dei poteri è garanzia per tutti. Un meccanismo di equilibri e contrappesi “in cui nessuno, da solo, può avere troppo potere”, sottolinea il capo dello Stato.
E’ legittimo, di più, necessario e auspicabile che sempre si levino voci distinte e distanti da quelle degli eletti dal popolo. Voci competenti, esperti veri per dire, in virtù della funzione ricoperta, ciò che pensano nell’esclusivo interesse dell’Italia. Non è un male: è un bene.
Solo la leale collaborazione fra tutte le istituzioni della Repubblica, anche quando prevale lo spirito critico in alcune di esse, è lo specchio di una democrazia che rispetta al meglio il voto degli italiani.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi