E così il tanto controverso reddito di cittadinanza, ossia il totem dei Cinque Stelle, e guai a chi lo tocca, comincia a prendere forma.
Il provvedimento pensato per aiutare i bisognosi e incoraggiarli sulla via del lavoro, sarà erogato attraverso una carta che funzionerà -annuncia il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio-, sulla base di alcuni e precisi criteri. Intanto, già il fatto che si tratti di una carta elettronica, cioè di una tessera personale come quelle utilizzate ogni giorno da tutti, ne assicurerà la facilità d’uso e, allo stesso tempo, la tracciabilità delle spese. E qui s’insinua il primo paletto: i beneficiari non potranno fare acquisti “immorali”, secondo la testuale definizione di Di Maio. Che ha chiarito il suo pensiero: “Se vado a comprare le sigarette, il gratta e vinci o cose non di prima necessità, la carta non funziona”.
Poi c’è un altro obiettivo, anch’esso anticipato dal vicepresidente del Consiglio: “Vogliamo che venga speso nelle attività italiane, sul suolo italiano. Vogliamo iniettare nell’economia reale 10 miliardi ogni anno”.
Com’è noto, il reddito di cittadinanza si propone quale soluzione a tempo per mettere o rimettere l’assistito col denaro pubblico sulla strada del lavoro. Ma se anche il mezzo rivela il fine, le limitazioni previste danno l’idea di uno Stato controllore di tutto che non riuscirà a controllare un bel niente. Non è un problema tecnologico: è un problema di buonsenso. Come si fa a distinguere l’acquisto etico da quello deplorevole e perciò, in teoria, disabilitato dalla carta? E chi decide quello che si può e quello che non si può? E se il furbetto di turno acquista proprio un pacchetto di sigarette dal negoziante amico che fa passare la cosa come cioccolata e caramelle (si spera “beni autorizzati”), chi se ne accorge? E se grazie a un’intuizione geniale il finanziere preposto ai delitti da reddito di cittadinanza scopre l’inganno, che fa: arresta il commerciante o l’imbroglione?
Siamo, obiettivamente, alle comiche, se non fosse per l’oggetto del contendere, che è un principio molto serio e molto giusto: che deve fare uno Stato degno per non lasciare soli né indietro i suoi più sfavoriti cittadini. Anche se l’idea di risolvere difficoltà molto diverse col miracolo della pioggia assistenzialista, è tutta da verificare.
E poi che significa spendere i soldi della carta in “attività italiane”? Tutto ciò che avviene sul suolo della Repubblica è “attività in Italia”. Ma che il malcapitato non compri -per carità!- formaggio straniero.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi