Neanche l’Elba, dove il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inaugurato l’anno scolastico, è più un’isola al riparo dai nuovi rischi che insidiano la formazione degli studenti. Un po’ a sorpresa, ma solo per chi non frequenta la scuola da anni, il presidente ha indicato un “segnale d’allarme da non sottovalutare”, nella cerimonia ufficiale davanti a docenti e alunni provenienti da 122 istituti di tutta Italia: “Il genitore-bullo che non è meno distruttivo dello studente-bullo”.
Il riferimento è agli episodi di violenza di padri che aggrediscono gli insegnanti dei propri figli, verbalmente e pure fisicamente, per ragioni irragionevoli: un voto troppo basso, un rimprovero non accettato, un’incomprensione considerata peggio di un affronto. Anche la più banale, come può essere la richiesta del professore infastidito allo studente svogliato di spegnere il telefonino in classe e di prestare attenzione alla lezione. Quasi un delitto di lesa maestà, per generazioni che vivono di web. Dove alberga un’altra insidia, anch’essa messa in risalto dalla cronaca e da Mattarella: il lato oscuro della Rete. Quella morte “assurda e crudele” del quattordicenne Igor Maj, in conseguenza di “un’emulazione in un gioco perverso in chat”.
Ma se il bullismo è entrato a scuola, e dalla porta secondaria dei genitori, se non si può accettare di morire per gioco su quella finestra aperta al mondo che si chiama internet, è perché anche le istituzioni più consolidate rispecchiano il tempo fragile e lacerato della società. Difficile per gli insegnanti far valere l’autorevolezza del ruolo, e dunque ottenere quel doveroso rispetto che nei rapporti quotidiani fra le persone e nel sempre più sbrigativo e sguaiato modo di comunicare di tutti con tutti si è da tempo guastato.
Eppure, è proprio dalla scuola che bisogna, con pazienza, ricominciare. Essa è l’unica palestra non solo capace di unire davvero e nel profondo, all’insegna della conoscenza e dell’amicizia, i giovani di oggi, cioè gli adulti di domani, ma anche in grado di supplire alle volgarità della società e alle mancanze della famiglia. Dai dirigenti scolastici -come ora si chiamano i presidi: ma sempre loro sono- in giù, tutta la “classe dirigente” dell’istruzione ha il compito della buona semina, dei bei sogni, delle nuove speranze. Nonostante l’intrusione dei genitori-bulli, anzi, proprio per questo. Per trasmettere ai ragazzi la grandezza dei valori e del sapere, antidoto magnifico contro ogni violenza.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi