Solo opposte propagande: il bicchiere non è mezzo pieno né mezzo vuoto. Sulla “migrazione”, com’è stato battezzato il vago paragrafo del Consiglio europeo sul tema, tutto cambia perché nulla cambi, lasciando invariata la convenzione di Dublino (impone al primo Stato di accoglienza di sbrigarsela da sé) e coprendo con belle, ma vacue parole l’infastidita indifferenza europea per l’esodo africano via mare.
Basta leggere il compromesso al ribasso raggiunto nelle ore davvero piccole, per poter interpretare ogni punto col pirandelliano “così è, se vi pare”. Persino le nuove e condivise misure introdotte, però, “su basi volontarie”, non rappresentano alcun passo indietro rispetto al vigente e sanzionato obbligo di quote di immigrati da distribuire in tutta l’Unione. Perché già adesso nessuno -a parte l’Italia- rispettava né sanzionava tale mancato dovere: la prescrizione ora facoltativa nulla modifica nei fatti e almeno cancella l’ipocrita retorica europeista.
Pure sulla presunta vittoria tedesca di Angela Merkel a proposito dell’obbligo altrui di farsi carico dei “movimenti secondari di richiedenti asilo tra Stati membri”, l’invocata “stretta cooperazione” (articolo 11) è aria fritta, e non impone affatto a Roma o Atene di riprendersi i migranti incamminati verso l’Europa dai loro territori. Così come ridicolo appare il richiamo di Emmanuel Macron, per il quale la Francia non è “Paese di prima accoglienza”. E perciò i centri dove riunire i migranti, dovranno essere fatti in Italia e in Spagna. Ma dov’è scritto? Il presidente del Consiglio, Conte, ha avuto buon gioco nel dire che il suo collega parigino era stanco, “e lo smentisco”.
Eppure, questo documento che documenta soltanto l’ignavia europea, può aiutare il cambiamento. A patto, però, che il nostro governo, anziché inebriarsi per le promesse sull’acqua e gli impegni solo immaginari, abbia la perseveranza e la competenza per applicare e far applicare ciò che il testo pur presuppone. Sulla carta ci sono tutti gli strumenti per reprimere la criminalità scafista e aiutare l’Africa -cominciando dalla Libia-, a fermare i barconi della disperazione e della morte. Per indurre l’Europa a distinguere tra rifugiati da accogliere sempre e l’”effettivo rimpatrio dei migranti irregolari” (articolo dieci). Cuore e buonsenso, intelligente gestione dei flussi, non muri ai confini.
Far valere legalità e compassione: ecco il banco di prova che dirà se l’Italia ha vinto o ha perso, al Mondiale appena cominciato a Bruxelles.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi