Come amava dire Andreotti, che del ramo era indiscusso maestro, “il potere logora chi non ce l’ha”. Figurarsi, dunque, se le già apparse e vistose differenze fra Salvini e Di Maio, soprattutto nel modo di presentare le loro iniziative politiche (da “pane al pane” il primo e spesso scamiciato; più ecumenico il secondo, sempre in giacca e cravatta), porteranno al “divorzio breve” fra Lega e Cinque Stelle. Il governo è un meraviglioso afrodisiaco per tutti, e avrà già fatto passare il primo mal di testa di stagione per Di Maio, ora che i sondaggi danno in lieve sorpasso il suo collega vicepresidente del Consiglio e rivale in politica.
E così se Matteo promette di censire i rom, Luigi assicura che farà altrettanto con i “raccomandati nella pubblica amministrazione e nella Rai”. E’ un modo per mettere in risalto una diversità sul tema a bersaglio, ma non certo il metodo, pragmatico per entrambi, né l’obiettivo comune: dare una plastica idea che il “governo del cambiamento” ha cominciato la sua lunga marcia, pur essendosi messo da poco in cammino.
Ma se “le frizioni” -come pudicamente le chiamano- si vedono dal mattino, e Salvini tuona e fulmina dall’alba, è chiaro che oggi l’immigrazione, domani la legittima difesa, dopodomani la tassa piatta, insomma ogni argomento potrebbe portare a far salire la febbre ben oltre il mal di testa.
Finché il governo penta-leghista si atterrà al programma pattuito, la convivenza dei giovani contraenti non sarà messa a rischio. Ma la politica non è solo contratto. Nessun atto, neanche il più dettagliato, può contenere le novità, gli imprevisti, le sfide del mondo che cambia. Il governo non è una ruota della fortuna, dove basta azzeccare la parola giusta per guadagnare l’eterna riconoscenza dei cittadini.
Il duello tra Salvini e Di Maio sarà, perciò, nelle cose, nel modo non di affrontare i problemi (troppo facile per chi promette il cambiamento), ma di risolverli. Poiché non avremo mai un partito unico Lega-Cinque Stelle, la prospettiva del governare insieme testimonierà da sé quel che si coglie da tempo: l’uno cercherà, con i suoi temi e la sua personalità, di prevalere sull’altro. “Competition is competition”, ammoniva Prodi. Scontri inevitabili? Staremo a vedere. Intanto, parafrasando e cantando con Battisti, tu chiamale, se vuoi, frizioni.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi