Non fanno in tempo a presentare il nuovo governo, che già si scatena il primo incidente diplomatico. E proprio con l’Italia. E’ bufera su Vienna per la decisione della nuova coalizione di centro-destra, formata dal Partito popolare (Övp) e dal Partito della libertà (Fpö), di valutare la possibilità di dare la cittadinanza austriaca ai cittadini italiani di lingua tedesca e ladina che vivono in Alto Adige. Durissima la reazione di Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri: “La promessa di offrire unilateralmente la cittadinanza austriaca agli italiani di lingua tedesca o ladina, anche se fatta col guanto di velluto dell’europeismo, sembra avere il crisma del pugno di ferro etnonazionalista. Sdoganare la cittadinanza su base etnica avrebbe effetti gravissimi, ad esempio, in tutti i Balcani, portando al riemergere di rivendicazioni territoriali e minando la convivenza nei Paesi dell’Unione europea”. Anche il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, ha bollato l’iniziativa austriaca come “mossa velleitaria e non distensiva”.
E così la sconcertante novità viennese sull’Alto Adige fa passare in second’ordine tutto il resto. Con i suoi trentun anni, Sebastian Kurz è il più giovane capo di governo in Europa. Ma sarà anche la prima volta che una forza politica di destra radicale potrà dettare la linea con tre ministeri di peso: Esteri, Interno e Difesa sono il bottino istituzionale dei nazional-populisti. Che, assieme ai tradizionali e pur rinnovati cristiano-democratici rappresentati da Kurz, il cancelliere-bambino, guideranno l’Austria sulla corsia di destra anche quando al Paese toccherà, dal luglio 2018, il turno di presidenza semestrale del Consiglio dell’Unione europea.
Ma è la sorpresa altoatesina, priva di precedenti politici o diplomatici in Europa, a lasciare Roma senza parole: l’impegno, nell’accordo di coalizione, a esaminare l’ipotesi di un passaporto austriaco, in aggiunta all’italiano, per gli altoatesini “di lingua tedesca e ladina”. Che però non sono austriaci, bensì italiani. E lo sono da cent’anni.
Dunque, non si può nemmeno parlare di nostalgica restituzione di un diritto che, forse con l’eccezione di qualche ultra-centenario, mai essi hanno avuto, essendo tutti cittadini italiani dalla fine della Grande Guerra e dal rinascimento di un Alto Adige italiano in seguito alla Vittoria del 1918. Oltre che dalla dissoluzione dell’allora impero austro-ungarico. Ma tale anacronismo, privo di qualunque fondatezza giuridica e dal sapore revanscistico nell’Europa libera e senza frontiere, è il fantasma che il governo di Vienna si prepara ad agitare per venire incontro alla strumentale richiesta di una parte dei consiglieri provinciali di lingua tedesca a Bolzano. Richiesta voluta soprattutto dalle frange oltranziste e secessioniste, che sono minoritarie nella stessa comunità di lingua tedesca.
Nel cuore dell’Europa per la prima volta un governo prende sul serio la provocazione di chi sogna un pretesto per contribuire al distacco di una parte di sovrano territorio di un altro e confinante Paese dell’Unione, l’Italia. Con la quale i rapporti sono eccellenti, ma ballerini: e ogni riferimento a come controllare i migranti al confine del Brennero, dove gli austriaci hanno mobilitato addirittura l’esercito sul loro versante, è voluto. Sull’immigrazione Vienna si sposterà verso le posizioni di chiusura di Polonia, Repubblica Ceca ed altri.
Ma la scelta sul passaporto austriaco a cittadini italiani d’Italia che nella loro vita mai sono stati di cittadinanza austriaca, è già una significativa cartina di tornasole.
A volte il ridicolo e il pericolo si confondono.
Pubblicato su Il Messaggero di Roma