Già era successo. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, era volato l’anno scorso a New York per assistere alla finale di tennis tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci. E i suoi avversari subito protestarono: eccolo lì, si fa bello a nostre spalle e spese. Incuranti di una circostanza unica e di cui essere fieri: nell’intera storia di quello sport, mai era capitato che due italiane si giocassero la vittoria in uno dei (quattro) massimi tornei internazionali.
Figurarsi, perciò, che cosa potranno ora dire dopo che, dal giardino della Casa Bianca, nientemeno, il presidente Barack Obama ha elogiato la riforma costituzionale per la quale Renzi tutto si gioca -altro che tennis-, il prossimo 4 dicembre. Di più, l’amico americano ha detto chiaro e tondo “sì al referendum”. S’arrabbieranno in molti, dunque, ma tutti sorvolando, di nuovo, sul fatto principale dell’evento: l’ultima cena ufficiale del presidente che guida la più grande potenza dell’universo, è stata riservata all’Italia. Che per l’occasione era rappresentata anche da una piccola squadra dell’eccellenza, tra cui Armani a Fabiola Gianotti, Benigni e Sorrentino.
Diciamo la verità: c’è qualche elettore che voterà “sì” perché gliel’ha suggerito Obama? Il presidente americano, oltretutto, fa parte dello stesso fronte politico e “democratico” di Renzi: sarebbe stato sorprendente il contrario. Soprattutto se si pensa che già l’ambasciatore degli Usa in Italia s’era -lui sì- indebitamente espresso a favore della riforma. Siamo, tuttavia, maturi e grandicelli abbastanza non solo per capire che Renzi potrà di sicuro gongolare per il sostegno trasparente e dichiarato di Obama oltre ogni protocollo, ma anche che il verdetto lo deciderà soltanto il sovrano e tranquillo popolo italiano.
Ecco perché, essendo del tutto ininfluente l’”aiutino” d’Oltreoceano, bisognerebbe invece imparare a cogliere non già il riconoscimento al Renzi di turno, ma all’Italia di sempre e di tutti.
Lo stesso pregiudizio a parti invertite gli avversari avevano riversato contro Silvio Berlusconi, quando fu tra i pochissimi presidenti di un altro Stato a parlare al Congresso nella storia americana. “Eccolo lì, il favore dell’amico Bush”, subito s’infuriò chi non voleva vedere la luna, cioè il privilegio riservato al nostro Paese, ma il ditino del Cavaliere che la indicava. Saper distinguere: l’Italia vale ben più di chi a turno rappresenta la nazione, e di chi a turno polemizza per fazione.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi