Il direttorio in riunione-fiume, Di Maio e Di Battista che annullano i loro impegni, la base divisa sul punto: deve dimettersi o no l’assessore Paola Muraro per l’indagine (presunti reati ambientali) a suo carico di cui non si capisce chi sapeva e chi non sapeva? La tempesta che sotto il cielo di Roma sta investendo la giunta di Virginia Raggi e i Cinque Stelle nell’insieme, con Beppe Grillo che cerca di rassicurare (“ce la faremo a ripartire col piede giusto”), può essere giudicata in due modi.
Il primo: ecco la conferma che, quando si entra nella stanza dei bottoni, chi vive di sola protesta non sa più che tasto pigiare. Tra il maledire e il fare, tra i popolari vaffa e l’impopolare governare nell’amministrazione della Capitale sta affondando anche l’illusione di tanti cittadini stufi della vecchia politica e ora delusi da quella nuova. Ma c’è un’altra possibile e opposta lettura: se affrontata col coraggio della verità, la caotica e imbarazzante vicenda potrebbe rivelarsi persino utile. Potrebbe segnare il passaggio dei pentastellati dall’età infantile delle invettive, della dipendenza per il Grillo parlante e oggi “di lato” e forse per il rimpianto di Casaleggio, alla maturità. Ormai sull’onda della Raggi c’è una classe dirigente che è chiamata a “fare politica” nel senso più nobile, senza servire il potere né servirsene, certo, ma pure senza più inciampare nelle ingenuità delle mezze bugie o nella credenza da creduloni che si possa fare a meno di partiti strutturati, di statuti chiari, di leader bravi a proporre e non solo a criticare. Dunque, il caos romano è la prova inattesa che fa subito gongolare le opposizioni (“ve l’avevamo detto: i grillini sono incapaci di governare”). Oppure è la tipica crisi di crescita, il ragazzo e in questo caso la ragazza, Virginia, che finalmente lascia la casa dei padri per cavarsela da sé. Ma con l’intelligenza di saper rispettare quei valori che ogni famiglia politica dovrebbe trasmettere, specie se cresciuta al di fuori del Palazzo: la trasparenza degli atti, l’amore per la verità -anche quando fa male-, la capacità, così rara tra gli avidi politici, di saper chiedere scusa quando si sbaglia.
Da come i pentastellati si lasceranno alle spalle quel “pasticciaccio brutto” del Campidoglio”, se travolti dall’insipienza e dall’incoerenza dei loro comportamenti da predicatori che poi agiscono male, o se capaci di imparare la lezione e non ripeterla più, capiremo se le Stelle saranno ancora raggianti o per sempre cadenti.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi