Se il golpe è tutto ancora da chiarire, le purghe risultano già inequivocabili. Dopo il colpo di Stato che il presidente turco Erdogan sostiene d’aver subìto per quattro ore -giusto il tempo per dichiararlo fallito-, ecco la durissima resa dei conti: migliaia di arresti fra i presunti congiurati o avversari. Militari semi-nudi messi di spalle per terra con mani e piedi legati. Prefetti, magistrati e giornalisti sospesi o presi di mira. Niente di nuovo sul fronte orientale, se si pensa che fra Ankara ed Istanbul la questione della libertà d’espressione scotta da sempre. Ma adesso il presidente di nuovo e fermamente al suo posto ha l’ulteriore alibi di dover punire quanti avrebbero cercato di rovesciarlo. Arrivando a dire che, se il Parlamento dovesse reintrodurre la pena di morte, come invoca una parte della sua stessa parte, lui non potrà che avallarne l’iniziativa.
E così l’Europa che alla Turchia aveva già appaltato, a suon di milioni, il dramma delle migrazioni, ora è costretta ad alzare la voce. Frau Angela Merkel, dopo che tre mesi fa aveva dato l’indecoroso via libera alla giustizia del proprio Paese per processare un comico tedesco della Zdf, Jan Böhmermann, per vilipendio a capo di Stato straniero, cioè a Erdogan, oggi avverte: se la Turchia rimette la pena capitale, saltano le trattative per il suo ingresso nell’Unione europea. E tutti d’accordo con Frau Merkel: del resto, come si fa a non essere d’accordo nel deplorare che uno Stato moderno ricorra a un istituto tanto disumano, cancellato dalle legislazioni degli ultimi Paesi che lo prevedevano?
Ma quanto è facile deplorare solo a parole. Salvo poi consentire nei fatti che nella propria nazione si possa perseguire un comico “reo” d’aver preso in giro il Sultano. E’ il ritratto di quest’Europa pavida e ininfluente, capace soltanto d’essere debole coi forti e forte coi deboli. Nella stessa area geografica convivono due Paesi: la Grecia e la Turchia. A prescindere dalle loro differenze economiche e politiche, oltre che dalle proprie responsabilità nei rispettivi guai, tutti possono constare come l’Unione abbia trattato la piccola Grecia, riducendola alla fame. E come, invece, s’inchini davanti alla grande Turchia, nonostante la repressione in corso, le violazioni continuate al principio-cardine della libertà, le alleanze strategiche nell’area contro l’Isis, che dipendono sempre dall’interesse nazionale di Ankara, mai da quello continentale di Bruxelles.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi