E’ bello, il giorno dopo l’importante voto amministrativo, vedere che vincitori e vinti per una volta antepongono l’Italia e la verità alle loro convenienze. Matteo Renzi ha riconosciuto il successo “netto e indiscutibile” dei Cinque Stelle, sottolineando che quel voto espresso da così tanti italiani in varie città “non è di protesta, ma di cambiamento”. Parole giuste, che sono state ricambiate con altrettanta onestà intellettuale dai pur contrapposti interlocutori. L’appena eletta e spigolosa Virginia Raggi ha detto subito che amministrerà la capitale “a nome di tutti i romani”, mentre Chiara Appendino, la vera sorpresa, ha ringraziato il sindaco uscente di Torino, Fassino, “e tutta la sua squadra”, assicurando il suo “mai più una città divisa”.
Dunque, partono bene le due giovani donne all’improvviso diventate le più famose d’Italia: la guerra elettorale è finita. E la pace esige l’inizio di una missione civile al servizio esclusivo di tutti i cittadini. Quel “cambiamento” che Renzi individua come la novità delle elezioni, ora dovrà essere mostrato sul campo. La rettitudine, la fine dei più indecenti privilegi, la capacità sia di aggiustare le buche per strada, sia di ridare un grande avvenire alle città, ecco la sfida dei fatti e non più delle invettive che attende i Cinque Stelle (con Grillo ormai “di lato”). E la prossima fermata -annunciano e sperano- si chiama Palazzo Chigi.
Ma anche il governo e l’opposizione di centro-destra sono chiamati a cambiare. Più che la lotta continua della minoranza interna nel Pd, Renzi ha pagato soprattutto il mancato rilancio dell’economia. Nonostante misure incoraggianti come l’abolizione dell’odiosa tassa sulla prima casa, e poco altro, la gente non percepisce alcuna svolta della propria condizione di lavoro e di vita. Anzi. Troppi giovani mortificati, troppi anziani preoccupati per un futuro incerto. E’ sull’economia, prima che sul referendum costituzionale d’autunno, che il governo e Renzi dovranno riconquistare la fiducia perduta.
Quanto al centro-destra il nodo è al pettine: se si sceglie la via Salvini-Meloni (populismo ad alta velocità), si perde, come testimonia la candidata leghista, Lucia Borgonzoni, sconfitta a Bologna. Se si sceglie la via-Parisi, dal nome del quasi sindaco di Milano che ha messo tutti d’accordo con proposte innovative, il centro-destra torna protagonista anche senza Berlusconi. Per questa opposizione il cambiamento è al bivio nell’Italia che, intanto, comincia a cambiare per conto suo.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi