Adozioni sì, adozioni no. Mentre la politica discute senza decidere, la vita della gente va avanti. E tocca alla magistratura riempire il vuoto del legislatore, per la prima volta avallando un’adozione per così dire incrociata: due bimbe di 4 e 8 anni per una coppia di donne ognuna mamma biologica della propria creatura, ed entrambe le bambine venute al mondo in Italia grazie all’inseminazione praticata in Danimarca. Le due figlie, ha sentenziato il Tribunale dei minori a Roma, potranno avere lo stesso doppio cognome anche se, per legge, non saranno sorelle. Già dalle circostanze descritte si capisce che il caso è complicato. Ma non così complicato da non immaginare che molti altri casi, di diverse natura, situazione e condizione, seguiranno. Perché i cittadini non possono aspettare i vertici dei partiti, né sottostare ai veti, anch’essi “incrociati”, dei laici e dei cattolici nei rispettivi schieramenti. Neppure possono attendere le furbizie di parlamentari che rinviano il tema, delicatissimo, ma improrogabile, stralciato dalle unioni civili: l’adozione del figlio della compagna o del compagno da parte del partner. Di più, il Parlamento ancora non affronta la questione dell’adozione in quanto tale, aggiornando la legislazione nata per proteggere i bambini italiani e del mondo che sono soli o sofferenti, e per dare ai padri la possibilità di offrire amore e felicità a quegli innocenti. Dallo stato di abbandono all’affidamento, alle esperienze che la società italiana e l’universo hanno fatto in materia: è ora di mettere tutto in pratica innovando la legge.
Ma il tema dell’adozione s’è ormai esteso oltre ogni confine non solo geografico, arrivando alla maternità surrogata -vedi il controverso caso-Vendola-, e attraversando situazioni di fatto tutte diverse l’una dall’altra, ma nessuna regolata da una legge: il magistrato decide lui. Tuttavia, mancando norme, precedenti e giurisprudenza, il rischio è che ogni giudice finirà per interpretare i fatti in modo diverso. Un esito che non farà bene alla giustizia, costretta a supplire le onorevoli mancanze con sentenze “di emergenza”, e che farà male alle coppie in balia dei tribunali e impossibilitate a invocare la certezza del diritto. In un contesto, oltretutto, nel quale ogni Paese, dalla Danimarca in giù, si regola da sé: e l’Italia che farà, allora, “prenderà atto” per via giudiziaria della realtà avvenuta altrove? Intervenire con ragionevolezza è un diritto dei cittadini, ed è un dovere della politica.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi