Era seduto come se dal salotto di casa parlasse agli amici e ai familiari. Giacca e cravatta, certo, ma non un’eleganza da cerimonia. E i fogliettini del discorso poggiavano e ballavano sulle ginocchia. Così, in modo semplice e con le gambe accavallate, e un’aria un po’ spaesata e un po’ divertita, e la esse sibilante che lo rende molto umano, cioè uguale alle difficoltà dei comuni mortali pur essendo lui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella s’è rivolto ai cittadini nel primo messaggio di fine anno. S’è diretto alla gente, dunque, anziché, com’era d’uso al Quirinale, ai partiti e alle loro polemiche. Venti minuti di buoni sentimenti, un racconto piano e mai emozionante, ma con indicazioni abbastanza chiare. Sia quando il capo dello Stato ha denunciato l’insopportabile evasione fiscale e la diffusa illegalità, sia quando ha ricordato che un grande Paese come l’Italia ha un patrimonio straordinario da valorizzare, “la bellezza, il buon gusto, il genio, la creatività”. Niente di rivoluzionario, perciò, nessun colpo a sorpresa né annuncio destinato a lasciare il segno nella storia. Il presidente ha scelto la cronaca, tenendosi ben alla larga dalla politologia di pronto intervento, ed è una novità. Abbiamo sentito idee e parole che ogni italiano può condividere in tutto, in parte o in niente, ma che di sicuro non vanno a popolare quella terra di nessuno abitata dal politichese istituzionale. Anche in politica a volte la forma è sostanza, e sempre la cosa più difficile è essere facili. Mattarella ci ha provato puntando soprattutto sul lavoro, che è la speranza decisiva per i giovani. Ha citato l’esempio di tre donne -Fabiola Gianotti, Samantha Cristoforetti e Nicole Orlando- che hanno fatto del loro impegno un’eccellenza dell’Italia nel mondo. Come dire: visto che si può credere nei grandi sogni?
Il fatto poi che la priorità da lui individuata non siano state l’Italicum, l’abolizione del Senato o le altre misure che passa e manda in visibilio il convento della politica, bensì la disoccupazione, dimostra quali fossero lo spirito e il pubblico col quale Mattarella voleva interloquire: la gente, non i politici. Che si sono subito divisi tra chi ha applaudito l’intervento (Renzi e la maggioranza) e chi l’ha criticato (Grillo, Salvini e le opposizioni). Il solito gioco delle parti. Ma stavolta non vale, perché i giocatori al tavolo del salotto presidenziale e televisivo non erano Lorsignori, ma più semplicemente gli italiani.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi