Quando il governo italiano alza la voce a Bruxelles, viene sempre da dire meglio tardi che mai. Se anziché prendere per oro colato i diktat e i capricci dell’Unione europea l’Italia imparasse a battere qualche buon pugno sul tavolo al momento giusto, come fanno gli altri Paesi che hanno in ballo i loro interessi nazionali, oggi avremmo un’idea molto diversa dell’Europa e della sua dirigenza. E la polemica che Matteo Renzi ha aperto con Angela Merkel per le scelte euro-tedesche su energia, banche o immigrati è solo la conferma dell’eccezione alla regola: di solito digeriamo qualunque cosa il mondo ci propini, senza neanche il piacere e la dignità di dissentire.
Lo testimonia l’incredibile vicenda dei marò, in ostaggio dell’India dal 15 febbraio 2012. D’accordo, allora, prendersela con Frau Angela: ma con l’India come pensiamo di farci sentire, quattro Natali dopo? A colpi di telefono per gli auguri sotto l’albero, come lo stesso ministro della Difesa, Roberta Pinotti, certamente farà con Salvatore Girone, il fuciliere di Marina che vive all’ambasciata di Nuova Delhi? Destino a cui Massimiliano Latorre, l’altro fuciliere, è per ora scampato solo perché colpito da un’ischemia che gli ha consentito di tornare in Italia per la cura e convalescenza “a tempo”. Entrambi i marinai, si sa, sono accusati dall’India d’aver sparato e ucciso Valentine Jelestine e Ajesh Binki, due pescatori su un peschereccio indiano, mentre i fucilieri erano in missione di anti-pirateria su una petroliera italiana. Ma a parte il fatto che i due militari agivano su una nave battente bandiera italiana (immunità funzionale), che navigavano in acque internazionali (giurisdizione), che si proclamano innocenti in grado di dimostrarlo e documentarlo (presunzione di non colpevolezza), che le famiglie delle povere vittime sono state risarcite dall’Italia (gesto di pace e amicizia), che le operazioni anti-pirateria sono un atto di tutela universalmente sollecitato (diritto alla sicurezza), a parte tutto ciò, dov’è il processo? E’ una situazione grave e imbarazzante, che ha indotto il governo italiano ad attivare l’arbitrato internazionale ad Amburgo tre anni e mezzo dopo l’inizio della contesa. Altro lungo tempo passerà. Nonostante le belle parole e il conforto istituzionale e telefonico in un caso che è sorto all’epoca del governo-Monti, e che è stato gestito con un errore dopo l’altro, la questione politica oggi è chiara: se Roma alza la voce con Bruxelles, si faccia sentire anche con Nuova Delhi.
Pubblicato su Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi