Fumata bianca, dopo trenta votazioni a vuoto: Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti sono, dunque, i tre nuovi giudici della Corte Costituzionale eletti dal Parlamento. Con un incredibile ritardo di mesi nell’elezione e tra violente polemiche politiche che già divampano, perché l’esito è frutto dell’accordo inedito fra Pd e Cinque Stelle, dopo quello fallito fra Pd e Forza Italia. Ma tant’è.
Dai suoi primi sessant’anni, che ricorreranno proprio nel 2016 ormai alle porte, la Corte non è mai stata così importante come oggi. Dalla tardiva nascita nel 1956 e dopo i primi tempi di timida convivenza col Parlamento, questo tribunale che giudica le leggi -col potere, più volte esercitato, di eliminarle dall’ordinamento-, adesso s’è conquistato un ruolo forte. Talvolta sostitutivo della spesso inconcludente politica.
La Corte decide chi ha ragione nel conflitto permanente fra Stato e Regioni. Ammette o respinge i referendum promossi dai cittadini. Cancella in tutto o in parte leggi fondamentali della Repubblica, com’è accaduto anche di recente su temi sentitissimi dagli italiani quali le pensioni e l’immigrazione. E di alto valore simbolico come la fecondazione assistita. Incide persino in materie come il sistema di voto con cui il popolo sovrano dovrà andare alle urne. Se non c’è più la celebre legge-porcata, come il suo padre putativo arrivò a chiamare la propria creatura, è perché la Corte Costituzionale sentenziò che quella legge elettorale contrastasse con i principi della Costituzione.
Non si comprende, allora, come il potere legislativo di Camera e Senato chiamato a eleggere tre dei quindici membri che compongono il collegio costituzionale, si sia tanto a lungo impantanato. Al punto da essere stato costretto alla seduta a oltranza, come lo scolaretto messo in castigo perché non fa i compiti. Ma come possono i legislatori, proprio loro, aver sottovalutato il rilievo di quello che la Consulta ha fatto e soprattutto potrà fare? E’ prevedibile che la nuova e per alcuni controversa legge elettorale, l’Italicum, potrà finire all’esame della Corte. Così come la riforma del Senato in cammino, pur essendo di natura costituzionale e destinata a essere sottoposta agli italiani con referendum. Ma sulla quale pure la Consulta, se investita (non manca gente che voglia farlo), potrà e forse vorrà dire cose importanti. Se la Corte ha assunto una funzione tanto centrale, è perché per anni la politica s’è defilata, rinunciando ai suoi compiti elementari.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi