Ha preso per il collo tutti i presidenti della Repubblica e ormai la sua arte, l’arte della cravatta napoletana, s’è affermata anche tra capi di Stato e di governo stranieri. Il cinquantenne Maurizio Marinella, nato a Napoli, rappresenta la terza generazione della bottega sorta quasi cento anni fa nel capoluogo partenopeo. Venti metri quadrati oggi come allora, e che sono diventati anche una piccola ambasciata dell’eleganza italiana nel mondo.
La cravatta è un dettaglio nell’abbigliamento o fa abbigliamento?
“Mio nonno e mio padre dicevano che la cravatta, così come qualunque accessorio, fa la differenza. Puoi indossare lo stesso vestito grigio, ma se cambi ogni giorno la cravatta, quel vestito sembrerà sempre diverso”.
Nel tempo delle pari opportunità non basta più la cravatta per lui. Ci vuole anche la cravatta per lei…
“Noi stiamo avendo qualche richiesta di cravatta per donna. Le signore si divertono a portare la stessa cravatta del marito o del compagno: la doppia cravatta. Ma più che la cravatta, cercano l’abbellimento. E perciò qualcosa di sfoderato e di un po’ più corto”.
Perché alle donne, spesso più che agli uomini, piace comprare le cravatte?
“Perché la donna vorrebbe vedere l’uomo in maniera diversa e fa accoppiamenti che noi maschietti non ci sogneremmo mai. Se gli occhi del suo compagno sono azzurri, per dire, è sicuro che la donna proverà la cravatta azzurra. Invece l’uomo e più conservatore: prenderebbe lo stesso tipo di cravatta per tutta la vita. C’è un rapporto strano che ho constatato in tanti anni di lavoro. Magari noi abbiamo duecento cravatte, ma alla fine ne mettiamo sempre le solite tre o quattro. Alla donna, al contrario, piace stravolgere e mettere insieme l’insolito. E’ la vera rivoluzionaria della coppia”.
Oggi la cravatta è ormai un simbolo dell’eleganza borghese, mica più dello snobismo aristocratico. Oppure?
“Una volta era una scelta più aristocratica, è vero. Adesso molto meno e, d’altronde, molti si presentano solo in camicia. Ma la cravatta si usa regolarmente in certe occasioni “popolari”: il posto di lavoro, per esempio, il concerto, la festa, il matrimonio e così via. Dunque, tutti la usano di meno, ma è alla portata di tutti”.
Farfallino e cravatta: cos’è destra, cos’è di sinistra?
“Se è per questo la cravatta si porta al centro. Papillon oggi se ne vendono pochi. Noi lo diamo rigorosamente da annodare e alcuni hanno perso quest’abitudine. Ma il nonno ripeteva: “Il già pronto lo portano i camerieri”. E certo non lo ricordava per sminuirli, ma perché i camerieri non avevano tempo da perdere. Diciamo che il farfallino è più ricercato, è il voler apparire. Roba da spiritosi di sinistra….”.
Sta dicendo che la cravatta è più da seriosi di destra…?
“Ma no…e noi ne siamo la testimonianza: siamo finiti al collo di tutti, destra e sinistra, repubblicani e monarchici, italiani e stranieri. Non facciamo politica. Anche se…”.
Anche se?
“Anche se adesso la politica s’è indirettamente insinuata perfino tra le cravatte. Un tempo non succedeva. Ora invece ci sono persone che magari non vogliono -o che vogliono- quel determinato disegnino o quel certo colore perché lo identificano con le proprie passioni politiche. Quando creiamo i disegni, oggi dobbiamo stare più attenti per non scontentare gli “appassionati”.
L’estate manda le cravatte in archivio. O non è proprio così?
“Un po’ sì, ma in compenso quelle che si mettono sono più colorate. Quest’estate faranno da padrone l’azzurro e la cravatta a fondo bianco napoletano E -incredibile!- stiamo vendendo molte cravatte lilla e viola, noi che siamo un po’ scaramantici. Sa, a Napoli… Pensi che un tempo queste cravatte non venivano neanche esibite in vetrina! Ma oggi gli uomini cercano il collegamento con la moda femminile. Le signore hanno portato molto il lilla, il rosa e il salmone e allora i signori seguiranno le scelte delle donne. Vedremo dei colorini scatenati. In giro c’è una gran voglia di farsi notare”.
Ha citato più volte il nonno: è ora di conoscerlo.
“Io ho cominciato quest’attività che mi ha reso celebre nel mondo per continuare la scelta di nonno Eugenio, scelta che risaliva al 1914. E che papà Luigi –ma detto “Gino” da tutti- a sua volta continuò prima di me. Dall’età di cinque anni mi misero in negozio. “Devi respirare l’atmosfera”, spiegava il nonno. Una tipica vicenda di amore/odio: i miei amici andavano a giocare a calcio nella Villa comunale di fronte e io dovevo restare qui…. Col tempo mi sono rassegnato. Al punto d’essermi laureato in economia e commercio studiando in mezzo alle cravatte. Ecco, mi sono sfogato giocando a pallanuoto: otto anni in serie A col Posillipo”.
Perché il nonno scelse questo mestiere molto artigianale, specialmente all’epoca?
“A quei tempi un uomo ben vestito vestiva all’inglese e una donna ben vestita alla francese. Lui iniziò ad andare in Inghilterra e cominciò a importare marchi, creando un laboratorio di camicie e di cravatte. Naturalmente su misura. Pensi che allora persino i calzini si facevano su misura, e i guanti, i cappelli, tutto. Io non ho perso l’abitudine del nonno, nel senso che ogni due mesi vado a stampare le mie sete in Inghilterra. E le cravatte le facciamo qui. Anglo-napoletani, insomma. E poi oggi un uomo o una donna ben vestiti vestono all’italiana”.
I Vip che cosa le chiedono, quando vengono a scegliersi una cravatta?
“S’affidano molto. Per loro è difficile venire da me, spostarsi magari con scorte al seguito. Di solito cercano cose che possano andare bene sempre: il classico fondo blu con disegni piccolini. Ormai li conosco e so come accontentarli. Altri, invece, chiedono cravatte su misura. Letteralmente: i giganti americani o giapponesi piccini”.
Le ultime incursioni chi le ha fatte?
“Sembrerà curioso, ma mi sono interessato a due personaggi reali: Juan Carlos di Borbone, che ama l’arancio e l’azzurro, e Carlo d’Inghilterra, il quale predilige cravatte abbastanza chiare: lilla arancio e salmone. Denotano personalità nelle loro richieste. E di recente mi capitò d’inviare ventiquattro cravatte a Putin, secondo il gusto di Berlusconi che me l’avevo chiesto: blu e bordeaux, molto classico. Più nello spirito italiano che non in quello russo, un po’ più “evidente”.
Dalla Russia all’America: quanti presidenti ha preso per il collo?
“Iniziai con la famiglia Kennedy. Gusti molto classici, regimentali. Proprio un paio di mesi fa Kerry Kennedy, figlia dal senatore Ted, è venuta da me. E mi ha detto: “Io sono cresciuta sentendo sempre parlare di questo Marinella in casa. Lei ha rappresentato la mia infanzia. Volevo finalmente conoscerla…”.
Pure il clan dei Bush veste italiano?
“Sì, George Bush padre attraverso l’allora presidente Cossiga. Gli mandai un cofanetto con sei cravatte classiche. Anche Bush figlio. Ma pure il suo predecessore Clinton. Quest’ultimo durante il G8 a Napoli correva sul lungomare e poi veniva a fare rifornimento da me. Una sera doveva andare alla Reggia di Caserta. Ma non aveva né il fazzoletto bianco e né il papillon nero per lo smoking. L’abbiamo salvato noi”.
Degli europei chi è stato il più bizzarro?
“Forse il tedesco Kohl: quarantotto centimetri più del normale per la sua cravatta! Ha un collo pazzesco. Ha battuto perfino Eltsin, con trentacinque centimetri. Molto classici i gusti di Gorbaciov, di Mitterrand o di Chirac. Forse più controcorrente Schröder: l’allora presidente D’Alema gli portò sei cravatte tradizionali e sei spiritose”.
Il nostro presidente del Consiglio è spiritoso o tradizionale?
“Prodi ne ha comprate un po’. Vedo che sta mettendo la regimental, col fondo blu e un po’ di colorino giallo o azzurro dentro per staccare. Sa, la cravatta è un fatto emozionale. Pochi giorni fa è partito un pacco con dodici cravatte per Bertinotti, il presidente della Camera. Regalo di Marta Marzotto. Un po’ di tinta unita, e tutte le possibili combinazioni”.
Be’, a Bertinotti mica avrà fatto mancare il rosso?
“Un bordeaux per la verità”.
Le preferenze di Berlusconi?
“Puntaspilli blu e bianco. Lui va molto sul tradizionale, porte cose rigorose. Da capo del governo ha viaggiato con tanti nostri cofanetti per le occasioni ufficiali. E anche per quelle più sportive. Ricordo le cravatte per i ragazzi delle Olimpiadi di Atene, e i foulard per le ragazze”.
Di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica e napoletano, che può svelare?
“Ah, è un cliente affezionatissimo. E’ di un rigore assoluto. Tre mesi fa, prima che salisse al Quirinale, gli dissi: onorevole, almeno questa cravatta posso offrirgliela io? E lui: “No, Marinella, non mi metta in difficoltà”. Da Enrico De Nicola, il primo presidente e napoletano, siamo stati sempre al collo tutti i capi dello Stato. Un po’ meno di Ciampi, che ha preso cravatte per il figlio. E a proposito di figli: Marianna Scalfaro voleva modelli più spiritosi per il padre, accoppiamenti di blu con disegnini gialli”.
Degli eterni sfidanti Fini-Rutelli che racconta?
“Fini va sul classico. Rutelli stava ancora coi Verdi quando venne per la prima volta. E prese cravatte col fondo verde”.
Altra coppia che scoppia: D’Alema-Casini?
“Il primo ormai ammira il gusto napoletano. In genere sceglie il blu e il bordeaux con disegni di piccole cose, e molto serie. Pure Casini aveva cominciato col blu. Finché una volta venne e mi disse: io sono abbastanza bianchiccio e pallido. Mi piacerebbe il fondo bordeaux. Ma adesso è tornato al blu”.
Un flash sul mondo del cinema italiano?
“D’istinto mi viene in mente Luchino Visconti, il quale aveva la villa a Ischia. E ogni quindici giorni accompagnava gli attori a scegliere dei foulard indiani con colori vivaci. Ricordo un Helmut Berger giovanissimo, che veniva con lui. E poi Mastroianni molto elegante. Chiedeva cravatte completamente sfoderate perché potessero fare pure da foulard. Ed Eduardo De Filippo per le magliette intime a maniche lunghe da mettere sotto la camicia, perché era freddoloso. E ancora Paolo Villaggio, sfizioso e dai gusti azzardati con colori vivaci…”.
Qual è il modo corretto per portare una cravatta?
“La cosa da non fare mai è di venire con le giacche per gli accoppiamenti. Perché la cravatta è qualcosa di assolutamente istintivo. Va presa di primo impatto, semplicemente perché piace. In teoria si può accoppiare alle calze, ma non è obbligatorio. E poi va fatto un nodo semplice. Un nodo e mezzo. E le due punte estreme non oltre la cintura dei pantaloni”.
La cravatta più cara che abbia mai creato?
“Per Magic Johnson con tre tessuti: trecento euro”.
La più strana?
“Forse quelle di un signore che me le ordina asimmetriche, perché vuol far vedere agli amici che sono fatte artigianalmente. Oppure quelle di chi le vuole alla rovescia”.
La tradizione continuerà?
“Mio figlio ha undici anni e già gira per il negozio. Io lo lascio fare. Ma lo lascio anche giocare a pallone…”.
Pubblicato il 2 luglio 2006 sulla Gazzetta di Parma