Ma italiani si nasce o si diventa? Come si fa, nel mondo delle tante identità, a riconoscere un italiano? L’eleganza nel vestire? La simpatia nel rapporto umano? L’allegra malinconia nel canto? Un certo saper vivere tra buon cibo, Colossei in vista e tutte quelle strade dell’universo e dell’animo che continuano a portare a Roma?
Per la prima volta il legislatore ha dato una risposta moderna all’antica domanda: italiani si nasce e si diventa. La Camera ha approvato un testo che valorizza le due cose insieme, “inventandosi” una felice mescolanza fra tre diritti, uno più bello dell’altro. I diritti dei padri, della storia e della geografia. Quattro figli di Garibaldi erano italiani pur nati a diecimila chilometri dall’Italia, in Brasile e in Uruguay: il dolce tesoro della memoria. La generazione-Balotelli è italiana pur nata in Italia da genitori stranieri: la tenera potenza delle radici. Ma con questo provvedimento sarà italiano anche chi arriverà nella Penisola da bambino, imparando a scuola chi furono Leopardi e Leonardo, e chi sono oggi e domani i suoi compagni di classe e di giochi (oltre all’immancabile squadra del cuore): la forza invincibile della cultura. Memoria, radici e cultura sono i tre ingredienti che impastano un sentimento che si chiama patria. Ora ciascuno potrà scegliere i suoi ingredienti tricolori, frutto delle circostanze della vita, della famiglia, del caso. E potrà riflettere: perché un Mario Balotelli deve sentirsi meno italiano dell’Umberto Bossi che italiano non si sente?
Forse inconsapevoli, comunque meritevoli, i deputati che hanno votato il testo ora all’esame del Senato tra virgole, cavilli e polemiche hanno tuttavia decretato che c’è un modo riconoscibile per “essere italiani”: amare l’Italia. Anche quando non si parla italiano, ancora, come capita ai figli di italiani nati all’estero e ai figli di stranieri nati o cresciuti in Italia da genitori che non conoscono la nostra lingua. Ma l’Italia per amore è una scelta che prescinde dall’anagrafe, dall’origine familiare, dai viaggi che in un dato momento dell’esistenza ti portano per sempre nel “bel paese là dove ’l sì suona”. Per sempre risiedendovi o coltivandolo nel cuore, come succede quando si compie un ciclo scolastico e mai si dimenticherà la patria adottiva o di nascita, ovunque ci si trovi a vivere e a ricordarla. Accordare la cittadinanza italiana ai bambini nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri, e dopo un percorso di regolare soggiorno o di studi, non è soltanto un atto di civiltà. E’ il più forte e lungimirante investimento nell’identità italiana che solo una nazione dalla vocazione universale come l’Italia poteva e doveva finalmente compiere. Oggi la cittadinanza non è un formale né casuale pezzo di carta. E’ il riconoscimento di quello che sei e desideri. E’ il passaporto dei tuoi sogni e delle tue sofferenze. E’ il tuo “selfie”.
E’ la libertà di poter dire, come molti potranno presto dire, “sì, sono orgogliosamente italiano”.
Pubblicato su Il Messaggero di Roma