Alexei Navalny, il patriota russo simbolo della libertà universale

Forse nemmeno lui, l’eroico Alexei Navalny, avrebbe immaginato che, da patriota russo, sarebbe presto diventato un esempio universale di lotta per la libertà. Ma il funerale blindato a Mosca alla presenza di migliaia di suoi compatrioti incuranti del rischio, e dei rappresentanti di tutte le diplomazie occidentali, compresa la nostra, schierate in silenzio per omaggiare un uomo probo e coraggioso, conferma che Putin può reprimere tutto, fuorché la speranza di una Russia non più a sua immagine e somiglianza.

E non importa se il regime non perdona, come dimostrano gli arresti in 56 città seguiti alla cerimonia, le ricorrenti e minacciose dichiarazioni dello Zar sull’uso di armi nucleari, la protervia verbale e militare che da due anni orienta la sua invasione in Ucraina: l’evento-Navalny testimonia che un’altra Russia è possibile, perché già esiste e resiste, nonostante gli avvelenamenti, le torture, gli omicidi a cui va inesorabilmente incontro chi dissente. “Russia libera, Putin assassino!”, urlavano in tanti tra la folla.

Certo, non sarà questo funerale dirompente o le struggenti note di “My Way” che l’hanno accompagnato, non saranno i fiori né le lacrime a cambiare le sorti delle elezioni presidenziali fra due settimane, vista l’impossibilità di sfidare il ricandidato Putin sul piano libero e democratico (specie se, per caso, si è pure contrari alla guerra non solo ripugnante, come l’ha battezzata Papa Francesco, ma anche ingiusta e illegittima).

Né sarà l’implacabile scorrere del tempo -come pensano gli ignavi- a poter stancare o mitigare l’aggressività di un despota che sa dosare il linguaggio della violenza e della menzogna come arma di interlocuzione politica.

Ad ammonirlo ora è il Pentagono, che dice quel che molti in Europa pensano, e alcuni governi temono: se l’Ucraina dovesse perdere la guerra, “la Nato dovrà combattere contro la Russia”.

La previsione è forte, ma non campata per aria. O forse qualcuno pensa che, conquistata l’Ucraina, Putin avrà soddisfatto le sue bramosie imperiali? Troppo in fretta si è dimenticato che lui considera l’avvenuta dissoluzione dell’Urss “la peggior catastrofe geopolitica del XX secolo”. Con uno che coltiva una visione del genere, è molto complicato persino il prospettare un negoziato tra nazioni alla pari. Figurarsi poi quando la parità non esiste fin dall’inizio, posto che da una parte c’è un Paese aggressore e dall’altra uno aggredito.

Lo sanno bene i leader europei e americani, da oggi alle prese col dopo-Navalny e con la guerra sempre più intensa.

Per la prima volta il presidente francese Macron ha posto la questione dell’eventuale invio di soldati Nato in Ucraina, trovando fredda accoglienza fra i suoi alleati europei. “Anche se in modo non ufficiale, quei soldati ci sono già”, ha invece commentato, il ministro degli Esteri russo, Lavrov.

Continua anche un’altra guerra: quella delle parole.

Pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova